Bent porta in scena la pagina rimossa dello sterminio di persone omosessuali sotto il nazismo: in un sistema che disumanizza, due uomini imparano a chiamare l’amore col suo nome anche quando costa la vita. La memoria qui non consola: accusa il presente con un’ironia tagliente che non lascia scampo.
UNO SPETTACOLO INTENSO. Si parla ancora troppo poco dello sterminio subito da migliaia di persone durante la guerra , solo in ragione del proprio orientamento sessuale. Bent porta “alla ribalta” questa pagina di storia così importante, eppure così trascurata, ponendoci inquietanti interrogativi sulla realtà di oggi. La pièce fu rappresentata per la prima volta al London’s Royal Court Theatre nel 1979. Fino a quel momento c’era scarsissima conoscenza della persecuzione nazista contro gli omosessuali, basata sul paragrafo 175 del codice penale tedesco, che criminalizzava l’omosessualità maschile. La forza di questo spettacolo sta nel fatto che pone l’accento sulla capacità di prendere coscienza della propria dignità e sul valore dell’amore in una situazione di completa disumanizzazione e lo fa a tratti con tagliente ironia.
Largo Italo Stegher, 2
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