Un format di metà settimana che mette il corpo al comando: pratica, ricerca, ritmo condiviso. Si esce felici e più presenti.
Al Nuovo Sala Gassman, una rassegna che rimette la danza al centro della scena. A cura di Patrizia Salvatori, Elisabetta Senni e Caterina Lunati. Non un laboratorio, non una lezione: spettacoli. Il pubblico entra, si siede e guarda. In silenzio, con attenzione. I Mercoledì in Danza del Nuovo Sala Gassman sono questo: una finestra necessaria in cui la città si concede il lusso più raro—tempo per l’arte—e affida al corpo il compito di dire ciò che le parole non dicono. La rassegna non rincorre mode né algoritmi. Lavora sul respiro lungo della scena: serate asciutte, chiare nella promessa, diverse nell’esito. Un trittico curatoriale che alterna composizioni corali e studi d’autore; linguaggi che vanno dal contemporaneo al teatrodanza, dal lavoro sul ritmo alla composizione istantanea. Ogni mercoledì è un tassello; messi in fila, fanno una visione. Perché è importante? Per almeno tre ragioni. Primo: educa lo sguardo. La danza allena alla complessità: chiede precisione, ascolto, capacità di seguire un’idea di movimento fino al suo compimento. È un’antidoto gentile alla distrazione. Secondo: costruisce comunità. Il pubblico non “consuma”; partecipa con l’attenzione. Applaude un gesto, un rischio, un tempo condiviso. Si esce diversi da come si è entrati—più vigili, più presenti. Terzo: alza l’asticella della città. Una rassegna stabile crea l'abitudine al bello ed è una forma di civiltà. Mette in rete artisti, genera inviti, produce pensiero. Non è intrattenimento: è politica culturale fatta bene. Il palcoscenico del Gassman diventa ogni volta un laboratorio osservabile: luci misurate, scene essenziali, il corpo come primo e ultimo argomento. Salvatori, Senni e Lunati difendono una cosa precisa: il diritto della danza a essere linguaggio, capace di raccontare biografie, memorie, contraddizioni. Senza retorica, con artigianato e audacia. Chi arriva per curiosità scopre che la danza non è un codice chiuso. È un invito: seguire un ritmo, cogliere un dettaglio, riconoscere una caduta, intuire una rinascita. Chi arriva già formato trova rigore e ricerca. A tutti, la rassegna chiede una sola cosa: guardare davvero. Il mercoledì, a teatro, la città impara a stare "al passo".
Largo Italo Stegher, 2
00053 Civitavecchia (RM)